A quanti di noi è capitato di litigare pesantemente con qualcuno online, magari con un amico di lunga data, e passare la giornata a crucciarsi dietro allo schermo del proprio cellulare, per la gioia dei nostri amici, compagni e colleghi di lavoro?
Be’, a me più spesso di quanto sia sano ammettere. E confesso: a volte me la sono andata a cercare. Però, dopo anni di esperienza e osservazione empirica, posso dire di aver coniato un efficace prontuario per chi vuole dibattere online senza rovinarsi la giornata e soprattutto ottenendo qualche risultato. Ecco le cinque regole più efficaci che sono emerse dai miei esperimenti.
#1: Rinuncia ad ottenere ragione
Se c’è una cosa su cui la scienza e l’aneddotica sono senza ombra di dubbio d’accordo, è l’impossibilità di far cambiare idea con la ragione a qualcuno che sta difendendo una tesi. Salvo eccezioni piuttosto rare, non riuscirai mai a convincere un leghista che dobbiamo accogliere tutte le persone che vengono dal mare, o che gli abitanti del meridione non sono dei fannulloni. Questo perché il nostro cervello reagisce a questo tipo di stimoli interpretandoli come un attacco alla propria identità e un atto di rifiuto, al punto da subire dolore fisico (più o meno). Per questa ragione, bombardare le persone coi fatti non solo è abbastanza inutile, ma anche un po’ dannoso (li costringi a mettersi sulla difensiva).
Quindi dibattere online è inutile? Be’ questa è stata la mia conclusione iniziale, in aggiunta a un forte senso di smarrimento e apatia esistenziale. Però non è proprio così. Qualcosa si può fare, ma richiede che tu faccia inversione a U sul modo in cui pensi la tua comunicazione.
#2: Persuadi il lurker
Comincia a pensare alle discussioni online come a un palcoscenico teatrale, su cui tu e il tuo interlocutore siete due attori che stanno recitando una parte. Le persone che devi veramente convincere non sono quelle con cui stai dibattendo, questo non succederà (quasi) mai, ma quelle che leggono. Ci sono studi che confermano, infatti, che la creazione di opinioni è influenzata dall’esposizione all’opinione di persone comuni, che la pensano in un determinato modo e con un certo grado di sicurezza delle proprie opinioni. Lo studio linkato mostra che la massima efficacia di persuasione si ha nei confronti di persone che hanno un’opinione diversa dalla tua, ma non diametralmente opposta o inconciliabile, e che hanno un livello di fiducia di sé inferiore al tuo (sto semplificando un po’, abbi pazienza). Il grado di sicurezza delle proprie opinioni (che aumenta se sono supportate da altri) riesce a influenzare lievemente anche chi ha opinioni diametralmente opposte, gettando dubbi sulle loro certezze. Viene da sé che non riuscirai a convincere la persona che sta litigando con te online e che si sta esponendo perché probabilmente se si espone commentando ha un alto grado di sicurezza delle proprie opinioni. Oppure è pagata per farlo, rendendo l’intero dibattito un esercizio di stile. Al massimo riuscirai a incrinare la sua visione del mondo granitica. Il target vero della tua comunicazione deve essere chi è abbastanza interessato da venire a leggere la conversazione, ma non abbastanza da partecipare.
Tutti questi principi non sono solo corroborati dalla ricerca accademica, ma anche dalle pratiche dell’industria pubblicitaria, che recentemente ha fatto larghissimo uso di influencer marketing e analizzato le capacità di persuasione degli individui. Ho lasciato questo link, anche se da una fonte un po’ di parte, perché approfondisce le dinamiche dell’influenzabilità ed è molto interessante. Purtroppo non c’è spazio in questa sede per approfondire di più.
#3: Non rispondere alle provocazioni
Abbiamo visto chi dobbiamo influenzare, ma come? Il come si riassume fondamentalmente in una indicazione di massima a non rispondere alle provocazioni. La prima ragione è che è più difficile empatizzare con qualcuno che è sgarbato o saccente. Essere garbati e sicuri di sé paga sempre quando si cerca di persuadere qualcuno (ricorda, non il tuo avversario, ma chi vi legge).
C’è anche da dire che se sei una persona con una vita sociale e professionale non è neanche giusto che passi tutto il tuo tempo a rispondere ai post, magari in discussioni che durano intere giornate. Molto meglio è darsi un limite di risposte da dare a chi interviene (il mio è 3) e smettere di rispondere a meno che non si abbia qualcosa di veramente nuovo e significativo da dire.
C’è però un’altra motivazione più pratica per giustificare questo suggerimento e che è valida soprattutto su social media come Twitter (su Facebook le cose si fanno un po’ più complesse). Quando stai interagendo in un flusso di notizie o un feed tipo quello di Twitter, la quantità di post pro o contro un certo argomento che compaiono determina a colpo d’occhio la percezione che il pubblico ha dell’opinione pubblica su quell’argomento, influenzandola. Ci sono agenzie specializzate in strategie che puntano a saturare questi feed di notizie. Una delle armi a loro disposizione è il dibattito. Se tu rispondi alle provocazioni, queste compariranno come risposte, e non come post, togliendo visibilità alle tue argomentazioni. La loro tattica punta a saturare le tue notifiche di stimoli a cui rispondere, facendoti perdere di vista la discussione principale, o addirittura a intimidirti e farti allontanare dalla piattaforma. Per cui, non cadere nella trappola e non raccogliere le provocazioni. Non c’è nessun beneficio nel farlo.
Ma se proprio non riesci a trattenerti, ricorda di seguire il consiglio di Schopenhauer, e sii il migliore, il più villano e vinci lo scambio di insulti. Tanto hai già perso l’argomentazione in quel caso e quindi almeno vale la pena di portare a casa una piccola vittoria.
#4: Trova sempre una leva emotiva
Sto per dire una cosa molto controversa, molto poco popolare, ma se seguirai il mio ragionamento capirai che non è del tutto campata per aria. Lo so che se sei arrivato/a a leggere fin qua sei una persona razionale e che ha bisogno di motivare e provare le proprie argomentazioni. Siamo simili, noi. Lo capisco bene. Però io voglio provare a convincerti a rinunciare. Ti ho già dimostrato che le argomentazioni razionali lasciano il tempo che trovano. Con quelle convinci solo chi ha già la tua stessa opinione e che si fortifica sentendosi dare ragione (confirmation bias ti dice qualcosa?). Ma che senso ha convincere qualcuno che è già d’accordo con te? Ecco. Tu vuoi convincere, l’abbiamo visto prima, qualcuno che la pensa in modo diverso da te, ma non troppo. Con tutta probabilità questa persona è diversa da te, ha valori diversi, penserà che le tue prove non siano conclusive. Per convincere questa persona, devi accorciare la distanza fra voi, dandole l’illusione che tu sia più affine a lei di quello che pensa e convincendola a fare un compromesso fra la sua visione e la tua. A darti il beneficio del dubbio. E per fare questo non ci sono stratagemmi più efficaci che fare leva su questioni emotive e identitarie. Siamo tutti che il pathos è l’elemento della retorica più potente di tutti (e per questo va dosato), ed è del tutto ragionevole usarlo quando il tuo compito è creare un legame con chi ti legge.
Per fare questo, occorre che tu conosca il tuo pubblico di riferimento. Chi stai convincendo? Esci dalla tua bolla e scoprilo. Fare un giro rapido fra i commenti delle pagine dei giornali può darti un’idea molto rapida di quali siano i valori che fanno presa sulle persone con cui stai parlando, e sulla base di quello puoi modulare i tuoi messaggi e il tono della tua comunicazione.
#5: Creati un porto sicuro
Questa è l’ultima lezione che ho per te, padawan. Si tratta dell’ultima lezione che ho imparato e che difficilmente troverai su un manuale di comunicazione perché è una cosa che probabilmente molti sottovalutano. Sto parlando della tua salute mentale. Creati un “safe space“, un luogo in cui esprimerti liberamente senza temere di dover perdere ore a dibattere.
Per chiunque è impossibile mantenere la calma e la freddezza necessaria ad applicare le altre quattro lezioni, se non si ha una zona di presenza sulla rete priva di conflitti. L’ho imparato a mie spese quando il mio account Twitter è stato preso di mira per 36 ore da una folla di troll rabbiosi, o quando sono andata vicina all’esaurimento perché non potevo esprimere quello che pensavo sul mio profilo Facebook senza essere presa d’assedio per giornate intere. Il mio profilo ora ha delle impostazioni di privacy molto stringenti e la mia lista amici è accuratamente selezionata.
Inizialmente temevo che questo mi chiudesse in una bolla e rendesse la mia comunicazione meno efficace. Quello che in realtà è successo, è che ora cerco le occasioni di dibattito solo su piazze pubbliche, dove mi è più facile mantenere le regole d’ingaggio che ho stabilito, e che ho un posto sicuro in cui tornare a scrivere se ne sento bisogno. Se vuoi uscire dalla tua bolla e sentire il polso del pubblico, è pieno di luoghi e occasioni in cui farlo. Non deve essere per forza sulla tua bacheca, se non ti senti a tuo agio.
E tu? Hai dei consigli per me? Ho dimenticato qualcosa di importantissimo? Scrivimelo in un commento e parliamone.